Giosuè Carducci – Rime nuove (1906)
Libro VI – Ninna Nanna di Carlo V
Ediz: Zanichelli 1906
In Brusselle, a l’ostel, sola soletta,
Di tre giovini sposi vedovetta,
Sta Margherita d’Austria; e s’affretta
Una camicia bianca ad agucchiare.
A lei da canto il nipotino in culla
Con un magro levriero si trastulla:
Ha le mascelle a guisa di maciulla,
Cascante il labbro sotto; e infermo pare.
Di maligna caligine velate
Intorno a lui si volgono tre fate,
E del mal di tre secoli beate
Tessono intorno a lui questo cantare.
— Salve, o fanciul da la faccia cagnazza:
Salve, o figliuol di Giovanna la pazza:
Salve, o pollone de la mista razza
Che dee la terra cristiana aduggiare.
La discordia de i sangui per tre rivi
E il bulicame de i pensier cattivi
E l’accidia de gl’impeti mal vivi
Sale nel tuo cervello a fermentare. —
Poi l’una: ― Io son la furia di Borgogna
Che nulla attinge e tutto il mondo agogna.
Io trassi il Temerario con vergogna
Nel toro d’Uri indomito a cozzare.
E boccon giacque, corpo dispogliato,
Tra i ghiacciuoli d’un lago innominato.
Questo l’augurio il simbolo ed il fato
Che lo tuo regno segua in terra e in mare. ―
— La vertigine io son — quell’altra dice —
Che tragge Max di pendice in pendice
Per l’alpe del Tirolo: e l’infelice,
Seguendo me, dismenta l’accattare.
Hallalí, hallalí, gente d’Habsburgo!
Ad una caccia eterna io con te surgo;
Poi nel sangue de i popoli mi purgo,
E nel tuo, dal travaglio del cacciare.
— Ed io son la pazzia — la terza fata
Dice — , e son de la morte innamorata:
La bara per il talamo ho scambiata,
E sol nel cataletto io posso amare.
Non odi tu Giovanna che si lagna?
T’aspetto a Yust. Vuo’ sotto il ciel di Spagna,
Perché la razza tua meco rimagna,
Il mostruoso Escurïal murare. —
Poi tutt’e tre — Nel cuor tuo brabanzone
Il mezzogiorno ed il settentrïone
Saran con torbid’ impeti a tenzone,
Per poi in calma livida fiaccare.
O primo ereditario imperatore,
O primo d’Eüropa accentratore,
Su ’l vecchio tempo che libero muore
Vien’ la rete dinastica a gettare.
Su ’l nuovo tempo che libero nasce,
A cui Lutero dislaccia le fasce
E di midolla di pensier lo pasce,
Vien’ la rete ecclesiastica a gettare.
E tu, Margotta, cucitrice ardita,
Che in fretta meni su e giú le dita,
La camicia di Nesso è ancor finita?
Presto! vogliam l’Europa imbavaglia